Il punto di vista di una microimpresa, quella di Sabrina Mattei, fondatrice di Borgo Solaio e presidente Cna Artigianato Artistico di Lucca
“Sinergie”. Di saperi, visioni, competenze. È una parola chiave per Sabrina Mattei sia come fondatrice di Borgo Solaio, in cui dà vita a borse e accessori moda con materiali di recupero, sia nell’ambito del suo ruolo di rappresentanza del mondo artigiano, in qualità di presidente Cna Artigianato Artistico di Lucca. Il suo è il punto di vista di una microimpresa, in una fase in cui l’artigianato si trova in bilico tra ieri e domani, tra la necessità di tutelare il patrimonio della manualità e del saper fare e l’esigenza di restare agganciato al presente. E al futuro.
Sabrina, com’è cambiato il mondo dell’artigianato dalla nascita di Borgo Solaio?
«Borgo Solaio è nato nel 2016, quasi per caso, lavorando sul recupero di stoffe e altri materiali. Quando ho iniziato, se avessi voluto fare un campionario, nessuno mi avrebbe aiutato perché viaggiava tutto su grandi numeri. Oggi invece la mentalità è cambiata e anche chi ha un’azienda che fa grandi numeri riesce a servire un piccolo laboratorio come il mio. Una grandissima trasformazione. Allo stesso tempo una realtà piccola come la mia, con una progettualità da “pezzo unico” può mettersi a disposizione dei terzisti per poter dare un contributo e visione diversa. Credo sia bello e importante che ci sia questo dialogo».
Com’è nato Borgo Solaio?
«Ho iniziato a fare borse attingendo dal patrimonio del saper fare delle nonne, della mamma, delle zie. Il mio progetto trae ispirazione dalla Toscana, dall’artigianato di eccellenza che negli anni ’50 ha dato vita all’alta moda fiorentina. E lo fa attraverso la ricerca e l’abbinamento di materiali di recupero con tessuti unici e pregiati: in questi giorni mi hanno regalato un damasco del 1600 su cui inizierò a lavorare a breve. Col passare del tempo ho visto crescere nelle persone la sensibilità verso l’idea di dare nuova vita agli indumenti di un tempo: anche nel settore del lusso il vintage è diventato centrale».
Cosa ti aspetti dal futuro, sia per te che per il mondo artigiano?
«Intanto mi aspetto di rimanere operativa! E poi aprire altre collaborazioni magari con orafi, tessitrici: creare connessioni. La stessa cosa che cerco di fare anche a livello politico con Cna: creare sinergie e scambi tra artigiani. Credo che solo così si possa salvare il made in Italy. Per Cna curo “Alfabeto artigiano”, una mostra annuale che rappresenta un dialogo tra arte, design e artigianato: si creano legami interessantissimi che coinvolgono anche le scuole del territorio. L’obiettivo è cercare di mostrare ai ragazzi che le strade per fare questo mestiere esistono e che quello che stanno studiando si può trasformare in opportunità».
Quali sono secondo te le basi su cui poggia l’artigianato del futuro?
«Si parte dalla cultura, dall’amore per il fatto a mano e per il “fatto bene”. Ma la figura dell’artigiano in bottega oggi dev’essere necessariamente completata da una preparazione maggiore; sia dal punto di vista delle tecnologie che sul piano del marketing e della comunicazione. Oggi è impossibile essere sul mercato e non avere una pagina social e se non puoi rivolgerti a un social media manager devi saperti districare in questo mondo. E su questi aspetti gli artigiani del futuro, nativi digitali, sono avvantaggiati».
È giusto sporcarsi le mani ma bisogna anche rimanere connessi al presente…
«Secondo me la mia generazione di artigiani, quella attiva ora, ha una grande responsabilità: è doveroso che sappia comunicare con nuovi mezzi, unico modo per trasmettere alle nuove generazioni il saper fare. Devi saper parlare la loro lingua, muoverti sui loro canali, che sono internet e i social media. Non possiamo arrenderci all’idea che siamo gli ultimi: l’artigianato deve andare avanti».
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