L’obiettivo? Sciogliere l’equazione libera professione infermieristica uguale precariato e valorizzare la preparazione e le competenze di interfaccia degli infermieri liberi professionisti. A fare il punto sul tema è Stefano Chivetti membro della Commissione sulla libera professione dell’Ordine delle professioni infermieristiche interprovinciale Firenze – Pistoia.
La priorità: la libera professione come scelta e non come ripiego
Quali sono le priorità al momento per la libera professione? «Sono sostanzialmente le stesse, da tempo: esercitare la libera professione deve essere una scelta e non un ripiego. Affinché sia così, i professionisti hanno bisogno di formazione e orientamento. Occorre anche sapere che la libera professione richiede requisiti molto importanti: preparazione multidisciplinare, capacità di interfaccia con le altre professioni e capacità di gestione della propria attività imprenditoriale attraverso conoscenze di carattere amministrativo, assicurativo e professionale in generale. Non ci si può avventurare in questa forma di esercizio senza essere veramente preparati».
Il punto critico: libera professione infermieristica, questa sconosciuta
Quali sono i punti critici della libera professione? «Il principale punto critico è che la libera professione è sconosciuta nella sua vera espressione. Molti ne parlano, molti la esercitano ma ancora troppo pochi sono i professionisti veramente preparati per esercitarla. Da tempo sostengo che dobbiamo fornire questi strumenti di conoscenza, partendo dall’Università. Ci sono stati incontri in tal senso e sembra che ci sia un’apertura da parte dell’università stessa per inserire in modo strutturale spazi formativi e di indirizzo al mondo del lavoro. C’è ancora poca informazione e formazione: spesso i giovani infermieri neolaureati arrivano alla libera professione ignari; spesso la prima motivazione è ricondotta alle agevolazioni fiscali (regime forfettario e regime dei minimi) garantite a chi apre la partita Iva».
«Esistono norme chiare che in un certo senso danno già un indirizzo – prosegue Chivetti -. Mi riferisco alla gestione di un rapporto contrattuale con un cittadino che si avvale di un infermiere libero professionista per prestazioni professionali. O ancor di più per un progetto di presa in carico di un familiare con alta complessità assistenziale. Quel cittadino ha il diritto di ricevere un preventivo redatto secondo criteri stabiliti. Deve sapere se quel professionista è regolarmente assicurato, gestisce correttamente i suoi dati personali nel rispetto della normativa privacy, è adeguatamente aggiornato e possiede eventuali specializzazioni. Tutto questo non è un optional ma un obbligo del professionista.E il cittadino deve avere dall’infermiere tutto ciò che gli spetta. Deve essere informato che non deve ricorrere a prestazioni erogate “a nero” perché questo lo espone a rischi grandissimi per la sua salute. Fra l’altro, le prestazioni sanitarie sono detraibili per il 19% dalle imposte erariali».
Le agevolazioni fiscali? Spesso sono un’arma a doppio taglio
E le agevolazioni sono un’arma a doppio taglio… «Proprio così. Le agevolazioni fiscali sull’acquisizione di una nuova partita iva, dovrebbero essere un vantaggio per il professionista. Non per chi si avvale del professionista. Troppo spesso purtroppo il meccanismo delle agevolazioni fiscali viene distorto nel suo principio ed utilizzato contro il libero professionista. Mi spiego meglio: visto che l’agevolazione prevede una tassazione pari al 15% sul 78% del reddito imponibile, questo diventa un pretesto per pagare meno l’infermiere. Questo è assurdo. Il principio ispiratore della norma fiscale doveva garantire facilitazioni per lo sviluppo dell’attività imprenditoriale. L’impreparazione di molti ha invece creato un meccanismo perverso che ha schiacciato nuovamente gli infermieri a vantaggio di “intermediari” senza scrupoli. Per questo capite quanto sia importante la formazione e la preparazione anche su aspetti fiscali».
Libera professione infermieristica e richieste di mercato
Qual è il rapporto tra liberi professionisti e richieste del mercato? «Secondo il Rapporto del Censis che risale all’anno 2016, per intercettare i bisogni dei cittadini, ma anche per far emergere il sommerso e il lavoro nero che ammonta a milioni di euro, sono utili le forme aggregate di lavoro. Lo studio del Censis individua gli studi associati come le realtà aggregative più idonee per dare risposte multiprofessionali ai bisogni dei cittadini. L’ordine di Firenze sta lavorando molto bene su questi temi, anche in sinergia con la Commissione Libera professione e la Regione Toscana».
Le prospettive future: mai più sinonimo di precariato
Quali sono le aspettative e le prospettive future per la libera professione? «Sono aspettative grandi e interessanti che i liberi professionisti meritano. Dobbiamo slegarci dall’accostamento al criterio di precariato. L’attività libero professionale è precaria nella misura in cui chi la esercita non ha prospettiva e cuore in questa forma di esercizio».
«Non siamo “prestazionisti” – prosegue Chivetti – come molti erroneamente credono. Nella nostra famiglia professionale esistono alte competenze e grandi capacità di gestione di servizi altamente complessi. In Firenze esistono proprio esperienze virtuose come la gestione dei servizi infermieristici negli istituti penitenziari della Regione Toscana o la gestione di un complesso residenziale e socio sanitario a direzione infermieristica».
«Noi liberi professionisti siamo un tassello determinante per il SSR e Nazionale e lo saremo sempre di più – conclude Chivetti -. Essere infermieri esercenti la libera professione in forma libera, è affascinante ma richiede impegno, determinazione, passione e visione. Siamo orgogliosi di appartenere a questo Ordine che tanto ha dato a noi infermieri definiti da molti “atipici”. In realtà, siamo lucidi e ben orientati».
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