L’Università di Firenze con Cornell University e Ateneo di Pittsburgh hanno fatto l’importante scoperta sull’anoressia nervosa. Nature Communications ha pubblicato il lavoro di ricerca sul gene da colpire con i farmaci.
Anoressia nervosa, ecco il gene da colpire con i farmaci
Ecco cosa colpire per provare ad avere un rallentamento dell’insorgenza o della cronicizzazione della malattia. Si tratta di un gene che ha un ruolo cardine nell’anoressia nervosa. La Cornell University, l’Ateneo di Pittsburgh e l’Università di Firenze hanno condotto lo studio, pubblicato su Nature Communications. Nello specifico, la ricerca indaga i meccanismi fisiopatologici dell’iperattività fisica. Questo è sintomo importante della grave patologia psichiatrica, a fianco dei più studiati aspetti della riduzione estrema dell’alimentazione e della distorsione dell’immagine corporea.
Anoressia nervosa, le dichiarazioni degli studiosi Ricca e Nacmias
«La riduzione del cibo – spiega lo psichiatra Valdo Ricca, che insieme ai neurologi Benedetta Nacmias e Sandro Sorbi ha firmato il lavoro per Unifi – attiva il gene SIRT1 che scatena l’ansia, il ricorso esasperato all’esercizio fisico come strumento per perdere peso e la gratificazione derivante dal digiuno, generando così un circolo vizioso che accelera la progressione della malattia». Allora, i ricercatori americani, attraverso modelli animali, hanno osservato che l’inibizione genetica o farmacologica di SIRT1 riesce a ritardare l’inizio o l’aggravarsi della patologia.
Ulteriori osservazioni di Nacmias e Ricca
Importante specificare che «per avere un riscontro genetico ci hanno coinvolto, unica realtà italiana – commenta Benedetta Nacmias –, per fare un’indagine genetica su oltre 100 pazienti dell’Azienda ospedaliero-universitaria Careggi, a conferma del ruolo chiave di questo gene nello svilupparsi della patologia. Inoltre, hanno trovato effettivamente della varianti di SIRT1 nelle persone malate, non riscontrabili nei quasi 4000 soggetti sani di controllo. Nello specifico, questi sono fattori di suscettibilità genetica, una sorta di predisposizione che conferma l’importanza cruciale di questo gene». In conclusione, la ricerca – dice Valdo Ricca – è molto innovativa e apre alla possibilità di sperimentare trattamenti terapeutici che, agendo su SIRT1, possano modificare le gratificazioni che i pazienti traggono dall’esercizio fisico esasperato, uno dei fattori responsabili della cronicizzazione dei sintomi».
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