Scoperto nel Veneto il più grande esemplare conosciuto di Cipree
Lo studio della conchiglia fossile fatto dal museo di storia naturale dell’università di Firenze e dell’università di Padova e pubblicato su Scientific Reports è importante. Questo apre infatti a nuove conoscenze del fenomeno del gigantismo in natura. Nuovi strade anche sulle conseguenze del riscaldamento globale.
Università di Firenze e Cipree, ecco cosa sono
Le cipree sono le conchiglie per antonomasia: vivono di preferenza nei mari tropicali e se ne conoscono centinaia di specie viventi. Di grande valore estetico per colori e aspetto, sono le più ambite dai collezionisti. La più grande ciprea in assoluto è stata ritrovata recentemente in Veneto in una cava del paese di Possagno (in provincia di Treviso). È una conchiglia fossile lunga 33 cm e stacca di gran lunga tutte le concorrenti. Infatti la più grande tra quelle viventi è lunga circa 13 cm, e il record tra le fossili era finora di 28 cm.
Università di Firenze e università di Padova insieme
Il museo di geologia e paleontologia dell’università di Padova, dove è conservata, si è rivolto al museo di storia naturale dell’ateneo fiorentino per studiarla. Questo infatti che costituisce fra l’altro una nuova specie, caratterizzata da notevoli e particolarissime protuberanze del guscio. Qui nasce la pubblicazione su Scientific Reports (“The largest known cowrie and the iterative evolution of cypraeid gastropods” DOI: 10.1038/s41598-020-78940-9). La finalità è indagare quali fattori abbiano portato all’evoluzione di questa specie.
Le dichiarazioni di Stefano Dominici
«Abbiamo fatto un confronto tra le collezioni di cipree presenti nel museo di storia naturale dell’ateneo fiorentino e quelle di Padova – spiega il coordinatore della ricerca Stefano Dominici, curatore del museo di geologia e paleontologia del museo di storia naturale dell’università di Firenze – e paragonato questi dati con quelli della letteratura scientifica. Abbiamo scoperto così che il gigantismo è comparso più volte nell’evoluzione delle cipree e si verifica per una particolare forma di selezione, chiamata «selezione di specie», descritta per la prima volta da Niles Eldredge e Stephen Jay Gould nel 1972 e di interesse generale per la biologia evoluzionistica». Lo studio ha messo in luce che questi giganti si sono evoluti ai limiti estremi dell’area di diffusione del gruppo a cui appartengono, in acque più profonde o comunque più fredde, dove l’ossigeno si scioglie in quantità maggiore.
La conclusione di Dominici
«Le cipree – continua Dominici – rispondono dunque alla cosiddetta «Regola di Bergmann», fenomeno per cui al diminuire della temperatura aumentano le dimensioni delle specie, gli individui diventano maturi più tardi e vivono più a lungo. Tra i tanti fattori condizionanti questa regola – verificata in tanti animali marini viventi, come le balene, ma finora raramente dimostrata su base paleontologica – uno fisiologico è la disponibiltà di ossigeno. Si capisce, perciò, l’interesse crescente dei biologi marini verso il fenomeno del gigantismo. Uno degli effetti del riscaldamento globale è, infatti, la diminuzione delle dimensioni massime raggiunte dalle varie specie: saranno, dunque, i giganti i primi candidati all’estinzione se continuerà il climate change».
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