Il punto a 10 anni dall’alluvione in Liguria e Lunigiana, ricordata anche dal Presidente dell’Ordine Geologi Toscana, Riccardo Martelli: «Resta la consapevolezza che è necessario adottare modelli conoscitivi nuovi e di maggiore dettaglio»
A dieci anni dall’alluvione della Liguria e della Lunigiana il Consiglio Nazionale dei Geologi e la Fondazione Centro Studi del CNG, in collaborazione con l’Ordine dei Geologi della Liguria e l’Ordine dei Geologi della Toscana, hanno fatto il punto della situazione sul rischio geo-idrologico nel nostro Paese. Il confronto, nel corso di un webinar pensato per fare il punto sullo stato dell’arte nella lotta al rischio idrogeologico in Italia.
«La situazione del dissesto idrogeologico in Italia ad oggi vede crescere le aree a rischio nel nostro Paese – ha detto Lorenzo Benedetto Consigliere del Consiglio Nazionale dei Geologi -. Il 91% dei comuni italiani è a rischio e quasi 7,5 milioni di persone vivono in territori a rischio molto elevato per frane e alluvioni. In uno scenario di cambiamenti climatici in atto che producono eventi sempre più estremi e frequenti che aggravano ulteriormente una situazione già molto critica. La Liguria è una delle regioni maggiormente esposte presentando valori degli indicatori di rischio decisamente più alti rispetto al dato nazionale».
«Il territorio ligure è infatti caratterizzato da alte montagne situate a ridosso della costa e numerosi torrenti e corsi d’acqua che interferiscono con un territorio densamente urbanizzato – ha spiegato Valentina Casolini, Consigliere del CNG -. Un territorio che ha subìto uno sviluppo non compatibile con le condizioni geologiche e geomorfologiche, determinando elevate condizioni di rischio per frane, alluvioni, mareggiate ed erosione costiera».
Benedetto: «le risorse previste nel PNRR di 2,49 miliardi di euro sono decisamente insufficienti. Servono risorse aggiuntive, se si vogliono ottenere risultati significativi nella gestione del rischio idro-geologico»
Per i geologi, per far fronte ad uno scenario così ampio e complesso occorre una programmazione strategica pluriennale che preveda soluzioni integrate tra la realizzazione di opere strutturali di riduzione del rischio e l’adozione di interventi non strutturali. Si tratta di presidi territoriali permanenti, sistemi di monitoraggio e di allerta, pianificazione di emergenza, manutenzione del territorio. E più in generale di prevenzione e gestione del rischio.
«Le risorse previste nel PNRR di 2,49 miliardi di euro per i prossimi cinque anni, che erano peraltro già state stanziate con il Piano Nazionale del 2019, sono decisamente insufficienti – ha precisato Lorenzo Benedetto -. Occorre dunque necessariamente riprogrammare la spesa prevedendo adeguate risorse aggiuntive, se si vogliono ottenere risultati significativi nella gestione del rischio idro-geologico».
L’alluvione dello Spezzino e della Lunigiana del 25 ottobre 2011 si è verificata a seguito di una forte precipitazione che in sei ore ha riversato 542 mm di pioggia sulla provincia della Spezia e di Massa e Carrara interessando due regioni: la Liguria e la Toscana.
Martelli (Geologi Toscana): «Necessario adottare modelli conoscitivi nuovi e di maggiore dettaglio. E una più forte integrazione fra la pianificazione territoriale e i piani di protezione civile»
Una tragedia ricordata anche dal Presidente dell’Ordine Geologi Toscana, Riccardo Martelli. «Riviviamo in questi giorni il ricordo di un evento che, nel 2011, ha causato 13 vittime e paralizzato due province per lunghi anni – ha detto Martelli -. Ricordiamo la risposta forte della cittadinanza ed onoriamo lo sforzo di chi ha fatto rialzare quei territori. Oggi, resta la consapevolezza che eventi di quella portata risultano di difficile gestione e che è necessario adottare modelli conoscitivi nuovi e di maggiore dettaglio. Come pure è necessaria una più forte integrazione fra la pianificazione territoriale ed i piani di protezione civile».
«Sono ormai trascorsi 10 anni dal tragico evento che colpì i comuni della Provincia della Spezia e che replicò pochi giorni dopo nella città di Genova – ha affermato Paolo Airaldi, Presidente Ordine Regionale Geologi Liguria -. Da quel 25 ottobre 2011 ad oggi, gli interventi realizzati per il ripristino delle devastazioni territoriali e la mitigazione del rischio idrogeologico si contano a decine, sui versanti e negli alvei dei corsi d’acqua, ma molto resta ancora da fare. Il problema del dissesto idrogeologico rimane irrisolto. I cambiamenti climatici a cui stiamo assistendo negli ultimi anni e la cementificazione e impermeabilizzazione dei suoli, che proseguono tutt’oggi, costituiscono elementi di ulteriore aggravamento. Per il contrasto al dissesto idrogeologico, è il momento di mettere in campo un’efficace politica nazionale che privilegi gli interventi di prevenzione, ma anche di manutenzione e gestione delle opere e del territorio e che porti al superamento delle gestioni emergenziali».
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