Si tratta di una delle 100 piante più invasive che mette a rischio gli argini. I Consorzi di Bonifica della Toscana lanciano l’allarme
Minaccia l’equilibrio ecologico e la sicurezza idraulica. La causa si chiama Poligono del Giappone, una delle 100 piante più invasive. E’ il risultato dei cambiamenti climatici che ha portato anche sulle sponde dell’Arno, per poi arrivare anche nelle zone di Subbiano e in Casentino, la specie originaria dell’Asia Orientale.
Così Reynoutria japonica, questo il nome della pianta, ha colonizzato con le sue foglie verdi anche l’asta principale dei fiumi. Una vera emergenza secondo gli addetti ai lavori perché rende gli argini instabili e favorisce l’erosione. Già, i cambiamenti climatici. Le temperature insolite, che in questi giorni hanno portato alla fioritura in anticipo delle mimose, ne favoriscono la crescita.
Il Poligono del Giappone fu introdotto in Europa a scopo ornamentale a metà del 1800, diffondendosi rapidamente anche in Italia. Come detto, l’espansione può causare maggiore erosione del suolo fino a compromettere la stabilità degli argini dei corsi d’acqua, mentre negli spazi urbanizzati può spaccare muri e pavimentazioni con i rizomi.
Attualmente i rinvenimenti più significativi sono in affluenti di destra dell’Arno: il torrente Resco, il torrente Faella, il borro di Cerberesi, il borro di Riofi delle Cave, il borro di Sant’Antonio, il borro Montemarciano, il torrente Ciuffenna, il borro del Tasso.
Chiaro il pericolo. Non ha dubbi Massimo Gargano, direttore generale di Anbi. «La mancanza di linee guida nazionali e regionali per il contrasto a questa specie infestante ci espone al pericolo di una sua continua espansione lungo il reticolo idrografico», ha detto. E i problemi sono «il corretto deflusso delle acque, con impatti pesanti sui costi di gestione idraulica e sulla conservazione degli ecosistemi fluviali. D’altronde – ha aggiunto – le esperienze maturate in altri Paesi europei confermano l’utilità di intervenire tempestivamente con un’adeguata strategia di contenimento».
Sulla stessa lunghezza d’onda anche il presidente dell’Anbi, Francesco Vincenzi. «Per ora si tratta di nuclei limitati – ha precisato – ma ad essere minacciato, in una stagione già idrologicamente difficile, sono l’equilibrio ecologico e la sicurezza idraulica di uno dei più importanti corsi d’acqua italiani».
Consorzi di Bonifica al lavoro su più campi
Unilaterale l’impegno dei Consorzi di Bonifica Toscani nel trovare soluzioni per il contenimento e la debellazione della specie. Tanto che il Consorzio di Bonifica 3 Medio Valdarno ha avviato una sperimentazione. «La nostra è una delle prime sperimentazioni della Toscana, dopo che ormai da qualche anno si stanno prendendo provvedimenti di contenimento ed eradicazione in diverse aree protette e parchi fluviali del nord Italia», ha evidenziato Marco Bottino, presidente del Consorzio.
Consorzio di Bonifica 3 Medio Valdarno
Nello specifico sono state individuate tre aree differenti sulle sponde del torrente Vincio di Montagnana, corso d’acqua su cui è particolarmente abbondante la presenza di Poligono del Giappone. «Nelle tre aree verranno individuate, tramite apposizione di picchetti a terra, le parcelle sperimentali nelle quali verranno studiati gli effetti dei diversi trattamenti proposti per il contenimento della pianta – hanno spiegato i tecnici del CB3 – I trattamenti di cui si verificheranno i risultati sono: sfalci successivi (6/7 sfalci da ripetere con cadenza regolare da maggio ad ottobre); sfalcio e copertura con telo ombreggiante; pascolamento con equini; nessun trattamento. Per ognuna delle parcelle sperimentali di intervento individuate nei 3 test-sites si rileveranno prima di ogni trattamento i seguenti dati: numero di fusti presenti; diametro dei fusti presenti (misurato al “colletto”); altezza dei fusti da confrontare dunque con la fascia senza interventi (area “buffer”)».
Consorzio di Bonifica 2 Alto Valdarno
Come detto, è particolarmente preoccupante la situazione in Alto Valdarno dove la specie aliena ha ormai conquistato 25 chilometri di sponde, rese più instabili dalla presenza della pianta. Proprio per questo che il Consorzio di Bonifica 2 Alto Valdarno ha chiesto, in collaborazione con l’Unione dei Comuni del Pratomagno, un intervento urgente della Regione Toscana per definire le misure operative, necessarie a limitare la diffusione della pianta infestante.
«In attesa di indicazioni regionali – ha spiegato Serena Stefani, presidente del Consorzio di Bonifica 2 Alto Valdarno – abbiamo applicato le soluzioni operative, già sperimentate in altri territori. Per evitare la diffusione della specie chiediamo ai cittadini di essere nostri alleati in questa complessa battaglia». Proprio per questo che è stato diffuso anche un vademecum per il riconoscimento ed il corretto contrasto al poligono. «Si tratta di regole ed attenzioni, che dovrebbero essere applicate anche negli spazi privati», ha ancora detto Stefani.
Consorzio di Bonifica 1
La situazione non migliora nelle aree di riferimento del Consorzio di Bonifica 1 dove all’interno del reticolo dei canali di bonifica si osserva da oltre venti anni la presenza della pianta, che comporta un significativo ostacolo al regolare deflusso delle acque e una minaccia per la biodiversità degli ecosistemi fluviali. Nascono da questo, infatti, una serie di interventi realizzati nel corso degli anni da parte del Consorzio di Bonifica 1, come gli studi condotti dalle Università di Firenze e Pisa, per individuare le tecniche più efficaci al contenimento del fenomeno. A questo è seguito un convegno per sensibilizzare i territori dove la pianta esotica è presente. Altro punto è il monitoraggio dell’evoluizione del fenomeno su tutte le aree di competenza del CB1, intervenendo fin dalle prime fasi del verificarsi di nuove invasioni. Ingenti anche gli investimenti. Infatti, a partire dal 2020 sono state inserite in bilancio 170mila euro per le attività di sola rimozione della pianta.
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