La denuncia degli infermieri sui due penitenziari: “In 4 anni, 500 aggressioni”
«La situazione nelle carceri, non solo di Sollicciano a Firenze, ma anche della Dogaia di Prato, è sicuramente inaccettabile per detenuti e agenti, ma non dimentichiamo che all’interno lavorano anche gli infermieri, costretti a operare in un ambiente malsano e pericoloso». Così Mariaflora Succu, infermiera iscritta a Opi Firenze Pistoia e presidente della cooperativa Libera, capofila dell’ATI che gestisce il servizio infermieristico e di supporto nelle carceri di Firenze, Prato e Pistoia.
Il commento arriva dopo la presa di posizione del parlamentare fiorentino Federico Gianassi, capogruppo del Pd in commissione Giustizia, e della deputata Debora Serracchiani, responsabile nazionale Giustizia del Pd che nei giorni scorsi si sono recati in visita al carcere fiorentino di Sollicciano, lamentando «condizioni inaccettabili sia per i detenuti che per la polizia penitenziaria».
«Quanto descritto da Gianassi e Serracchiani rappresenta la situazione reale, ma è inammissibile non aver menzionato il personale sanitario e sociosanitario sia dell’ATI che dell’Azienda Usl – commenta Succu –. Le carenze endemiche del personale di polizia penitenziaria, legate a un elevato turnover che ha caratterizzato gli ultimi anni, e le azioni portate avanti nel tempo per cercare di migliorare le condizioni dei detenuti hanno generato una sempre maggiore difficoltà di governo: i detenuti sono sempre meno gestibili e in questo contesto gli infermieri sono troppo spesso lasciati a loro stessi
Il mantra per il personale sanitario che opera nelle carceri è sempre stato quello di lavorare in condizioni di sicurezza, quindi sempre in presenza del personale di polizia penitenziaria – prosegue Succu -. Oggi purtroppo, al contrario, questo accade sempre di meno, anche per il timore che fermare l’attività possa dare origine a rivolte. Di conseguenza, le aggressioni si sono moltiplicate: negli ultimi 4 anni abbiamo ricevuto almeno 500 segnalazioni di aggressioni – verbali e fisiche – da parte di infermieri, prima quasi esclusivamente da Sollicciano, ma nell’ultimo anno anche da Prato, le ultime proprio pochi giorni fa.
Come datori di lavoro abbiamo cercato di dare una stretta per evitare che i colleghi si ritrovino in situazioni pericolose; l’ultima arma che abbiamo è la minaccia di richiamo disciplinare nel caso in cui un infermiere non segua appunto il protocollo che vuole la presenza di un agente durante la somministrazione delle terapie – conclude Succu -. È però evidente che se non verranno presi provvedimenti dovremo, di concerto con l’Asl, che è sempre stata in prima linea dando seguito alle nostre segnalazioni, cambiare modus operandi, ad esempio portando fuori i detenuti per l’assistenza sanitaria».
«Gianassi e Serracchiani hanno senza dubbio ragione – aggiunge David Nucci, presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche interprovinciale Firenze-Pistoia – ma non dimentichiamo che in quelle stesse carceri in cui si rilevano “condizioni inaccettabili”, ogni giorno si trovano anche infermieri e Oss, costretti a lavorare in una situazione di pericolo ma anche in ambiente malsano, con temperature estreme sia in estate che in inverno. Questo, insieme a un turnover altissimo, fa sì che ci siano sempre meno persone in grado di lavorare all’interno delle strutture penitenziarie: una situazione che a breve non sarà più sostenibile».
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