La riduzione della biodiversità minaccia la loro sopravvivenza
Registrato il picco più basso nella varietà di specie di invertebrati essenziali per la resilienza delle foreste di mangrovie. Lo studio pubblicato su Pnas è coordinato da ricercatori di Università di Firenze.
Foreste di mangrovie, la vulnerabilità degli ecosistemi
Le foreste di mangrovie sono sempre più vulnerabili, a causa dell’impoverimento nella biodiversità della fauna che svolge compiti essenziali per la sopravvivenza di questi ecosistemi. È l’allarme lanciato da uno studio internazionale coordinato dai ricercatori dell’università di FirenzeStefano CanniccieSara Fratini, pubblicato su Pnas in occasione della giornata internazionale delle mangrovie dell’Unesco.
Allarme degli esperti sulle foreste di mangrovie
La ricerca ha registrato la frequenza più bassa a oggi di biodiversità nelle specie di invertebrati, granchi e molluschi abitanti delle foreste di mangrovie. Nello specifico, si estendono in Sud America, nell’Oceano Indiano orientale e nel Pacifico. Ambienti già minacciati dalla deforestazione, che ne erode l’estensione. I ricercatori hanno mappato 209 specie di crostacei e 155 di molluschi in 16 aree tropicali e subtropicali di tutto il mondo. Hanno poi classificato queste specie in 64 unità funzionali che svolgono compiti indispensabili per la vita dei mangrovieti, a seconda di cosa mangiano e quale comportamento attuano nel microhabitat in cui vivono.
Le scoperte dello studio coordinato daall’Università di Firenze
Gli scienziati hanno scoperto che in molti mangrovieti del nostro pianeta sono presenti solo una o poche specie associate a una specifica unità funzionale. Inoltre, hanno individuato le foreste che potrebbero subire maggiori danni dall’impoverimento faunistico.
Le dichiarazioni di Stefano Cannicci dell’Università di Firenze
«I mangrovieti sono importantissimi per una serie di servizi ecosistemici che forniscono agli abitanti di quelle aree, a partire dall’immagazzinamento del carbonio, e quindi dalla riduzione degli effetti del cambiamento climatico – ha raccontato Stefano Cannicci, ordinario di Zoologia università di Firenze -. Queste foreste si sviluppano sulle coste inondate dalle maree; ambienti difficili, a causa delle salinità delle acque e dello scarso ossigeno presente nel terreno – ha spiegato il ricercatore -. In loro aiuto vengono i granchi e i molluschi che, smuovendo costantemente il terreno per alimentarsi e costruire la tana, aumentano la velocità con cui i nutrienti possono essere di nuovo utilizzati dalle piante e portano ossigeno alle radici».
Il commento di Sara Fratini ricercatrice di zoologia
«I nostri dati ci dicono che anche una modesta perdita di biodiversità degli invertebrati può avere conseguenze negative sulla funzionalità e la resilienza dei mangrovieti ai cambiamenti ambientali, in particolare quelli climatici – ha commentato Sara Fratini, ricercatrice di Zoologia -, ma rimangono ancora aree che potranno rappresentare una preziosa riserva di biodiversità per queste foreste».
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