L’iniziativa prende vita nell’ambito del progetto “Acqua nelle nostre mani” di Finish
Non sarà certo il Sahara ma anche il territorio italiano ha diverse zone desertificate da scoprire. Fiumi diventati negli anni sentieri da trekking, laghi ridotti da aride distese. Luoghi segnati dalla carenza di precipitazioni e dal cambiamento climatico innegabile, ormai è sotto gli occhi di tutti.
L’Italia è insomma un paese a rischio desertificazione per oltre il 20% del suo territorio, e nonostante l’arrivo dell’autunno e delle prime piogge, i deserti, concettualmente lontani ed esotici per l’Italia, stanno sempre più diventando una triste realtà in molte zone della penisola, tra cui la Toscana.
A fare un viaggio tra le mete turistiche toscane in via di desertificazione è il fotografo Gabriele Galimberti, vincitore nel 2021 del World Press Photo con il progetto “The Ameriguns”. Il lavoro fa parte di un progetto più ampio, portato avanti da Finish, che si chiama “Acqua nelle nostre mani”. Ecco allora che, con l’intento di lanciare un grido di allarme sul tema della siccità, nasce la prima Guida Turistica ai Deserti d’Italia. Le zone fotografate diventeranno anche oggetto di una mostra fotografica, visitabile a Milano.
Per il territorio toscano il fotografo Gabriele Galimberti ha dedicato una particolare attenzione al Deserto delle Conche, ovvero ciò che rimane del Laghetto delle Conche. Si tratta di un piccolo lago dalle acque di un rosso intenso per l’elevata concentrazione di elementi contenenti ferro e per l’ematite. Rimane oggi, a causa dell’aumento della desertificazione, argilla sempre più secca e sempre meno di frequente bagnata dall’acqua che prima formava il lago. Il progetto racconta un viaggio svolto dal fotografo di fama internazionale durante i mesi scorsi con la sua collaboratrice e fotografa Camilla Miliani, che lo ha portato a documentare e raccontare, appunto, “mete turistiche” anomale per il nostro Paese, in via di desertificazione. L’obbiettivo è stimolare una forte reazione della collettività e proporre un uso più diligente dell’acqua. E, perché no, anche scovare il bello in un fenomeno che desta non poche preoccupazioni per il futuro del pianeta.
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