Il ponte tra le due regioni costruito dalle Case della Memoria
C’è un importante contributo dell’Associazione Nazionale case della Memoria nella grande mostra dedicata all’universo femminile che ha aperto i battenti nei giorni scorsi ad Anghiari. Si chiama “Storie di Donne. Da Albrecht Dürer alla contemporaneità di Ilario Fioravanti” e raccoglie decine di opere realizzate da maestri quali Dürer, Jacopo della Quercia, Giovanni dal Ponte, Goya, Manet fino a Ilario Fioravanti, il cui studio a Sorrivoli di Roncofreddo (FC), la Casa dell’Upupa, fa parte della rete dell’Associazione Nazionale Case della Memoria.
A cura di Gabriele Mazzi e Benedetta Spadaccini, e realizzata dal Comune di Anghiari e dal Museo della Battaglia di Anghiari in collaborazione con Direzione Regionale dei Musei della Toscana, Archivio Ilario Fioravanti, Parrocchia di Anghiari, Associazione Nazionale Case della Memoria, la mostra raccoglie dipinti, disegni e sculture, disseminati tra Museo della Battaglia e di Anghiari, Museo di Palazz Taglieschi, Chiesa di Sant’Agostino e Palazzo Pretorio.
Un percorso espositivo “diffuso” che sintetizza cinque secoli di cultura occidentale attraverso le rappresentazioni iconografiche di Eva, Maria, Maria Maddalena, Santa Caterina, e ancora Leda, Medea, Penelope (solo per citarne alcune), realizzate da grandi maestri quali Michelangelo, Dürer, Jacopo della Quercia, Giovanni dal Ponte, Goya, Manet; fino ad arrivare al recupero, tutto contemporaneo, di forme figurative più arcaiche della femminilità portato avanti dallo scultore romagnolo Ilario Fioravanti.
«La mostra dà forza alla rete delle Case della Memoria perché ha origine da un primo intento da parte dell’associazione di portare in Toscana le opere di Ilario Fioravanti (1922-2012) e i luoghi in cui ha vissuto, creando un ponte Emilia Romagna e Toscana in occasione del centenario della nascita di questo grande autore del Novecento – spiega Adriano Rigoli presidente dell’Associazione Nazionale case della Memoria -.
Il nostro impegno per far sì che questa sinergia potesse svilupparsi dimostra la nostra volontà di portare avanti buone pratiche: continueremo a far sì che ci siano sempre più collegamenti per dare spazio a tutte le nostre case e dare sempre più impulso al turismo esperienziale. Ringrazio il vicepresidente Marco Capaccioli che ha avuto l’idea di questa iniziativa e che si è impegnato nella sua organizzazione».
Centrale, il tema della celebrazione dell’universo femminile. «La mostra che proseguirà fino all’8 marzo – spiega Marco Capaccioli vicepresidente dell’Associazione Nazionale Case della Memoria – rappresenta un ulteriore contributo alla volontà dall’Associazione di mettere in evidenza il ruolo femminile nella storia nella cultura di tutti i tempi. Donne protagoniste nella letteratura, nell’arte, sia come autrici che come modelli da raccontare e rappresentare da parte di tanti autori, Fioravanti incluso.
Non solo soggetti d’ispirazione ma esempi da seguire. A novembre, il 25, si celebra la “Giornata contro la violenza sulle donne”: la mostra vuole quindi proporsi anche come rafforzamento alla necessità di parlare delle Donne, da sempre importanti protagoniste della vita di tutti noi; importanza che troppo spesso viene dimenticata e offesa. Ringrazio, oltre all’amministrazione comunale di Anghiari e quella di Roncofreddo, il direttore del Museo della Battaglia di Anghiari, Gabriele Mazzi, direttore anche della Casa Natale di Michelangelo a Caprese (che fa parte della nostra rete), perché ha accettato la proposta di portare le “Donne di Ilario” nel percorso espositivo».
«La mostra nasce dall’idea di celebrare le “storie di donne” che la cittadina di Anghiari ha saputo esprimere nei secoli, ma vorrei qui sottolineare come, per la genesi di questa esposizione, sia stata determinante la ricerca di Andrea Merendelli – commenta Gabriele Mazzi, direttore del Museo della Battaglia e di Anghiari -. Egli è riuscito a porre l’attenzione sulla tela seicentesca raffigurante la Maddalena penitente ora in mostra, identificandone il soggetto come un ritratto di Virginia Ramponi Andreini, considerata la più importante attrice del XVII secolo. Attività di ricerca che è sfociata nel documentario “Rastrelli”, scritto dallo stesso Merendelli per la regia di Simone Marcelli. È in virtù di questa scoperta che abbiamo iniziato a comprendere di avere materiale inedito, beneficiando anche del vasto patrimonio di soggetti figurativi provenienti dal nostro fondo Bagnobianchi. Il successivo studio della dott.ssa Silvia Benassai ha poi confermato che l’attribuzione della tela non fosse a Cristofano Allori “o alla sua maniera”, come cita un’assegnazione di tardo XIX secolo, ma ad un pittore poco noto ma dalla mano felice quale Francesco Morosini, afferente all’ambito di un altro importante autore del Seicento fiorentino, Giovanni Bilivert. Un sentito ringraziamento va inoltre a Massimo Pulini, che per primo ha individuato la tela come di maniera del Bilivert. Si aggiungono quindi ulteriori tasselli per ricostruire la storia di questo dipinto ora in mostra, mentre rimane fondamentale l’affascinante scoperta che la donna raffigurata nelle vesti di Maddalena risulti l’attrice Virginia Ramponi Andreini vissuta nel XVII secolo».
«Una piacevole scoperta e una sorpresa: queste le prime impressioni dopo aver visitato la mostra “Storie di Donne” ad Anghiari – commenta Diletta Tosi, nipote di Ilario Fioravanti e curatrice della Casa dell’Upupa -. La location risulta ideale per ospitare le opere di Fioravanti: pare siano sempre state lì. Muri, intonaci e colori delle pareti richiamano le opere in terracotta. Colori affini, simili che rimandano a un dialogo antico. Le sculture è come se riempissero il ‘vuoto’: sono collocate in maniera isolata, in modo da poterci girare attorno, scoprendone ogni lato, sfumatura e sguardo. La luce che le colpisce, inoltre, svela colori nuovi e diversi, rendendola sempre diversa agli occhi di chi la guarda. Un’emozione particolare si ha con il gruppo delle Putaske: la posizione del Cristo ha per un attimo quello del Mantegna. È in questo essere accorciato, rannicchiato, ristretto che viene fuori il dolore. Come per la Maddalena, sola, isolata, ieratica: grazie al suo ‘vuoto’ si percepiscono tutte le emozioni che lei ha da offrire. Una collaborazione molto sentita e viva con la città di Anghiari e i Musei della Città: un dialogo continuo tra le opere del passato, medievali e rinascimentali e la contemporaneità di Ilario Fioravanti».
Le ‘tappe’ della mostra diffusa
Il Museo della Battaglia e di Anghiari presenta 18 opere, tra le quali preziosi lavori di grafica, come la creazione di Eva di Michael Wohlgemuth (Norimberga 1434-1519) e il prezioso foglio con Adamo ed Eva di Albrecht Dürer (Norimberga 1471 – 1528). Fanno parte del percorso le celebri Hasta la muerte di Francisco de Goya (Fuendetodos, 1746-Bourdeaux, 1828), l’Olympia di Èduard Manet (Parigi, 1832-1883), la Penelope di Max Klinger (Lipsia, 1857-Grossjena, 1920), ed anche il raro foglio contenente Leda e il cigno in un paesaggio, disegno cinquecentesco che riproduce la perduta opera omonima di Michelangelo Buonarroti. Vi è poi una piccola tavola rappresentante il Matrimonio Mistico di Santa Caterina, considerata copia del famoso soggetto di Correggio; la Maddalena penitente, a lungo ascritta alla maniera di Cristofano Allori, che oggi, finalmente, trova la sua reale attribuzione a Francesco Morosini sulla base di un brillante studio. Questo dipinto, oggetto di un recente restauro sostenuto da SALPA tramite Fondazione Lions e la sezione Lions della Valtiberina, rappresenta una vera scoperta dopo la ripulitura dalle vernici che ne offuscavano il segno e che celavano in parte la firma dell’autore.
Nel Museo di Palazzo Taglieschi l’attenzione si concentra su tre rappresentazioni della Vergine particolarmente significative: la ieratica Madonna di Giovanni dal Ponte, appena restituita ad Anghiari (grazie ad un accordo fra la Direzione regionale Musei per la Toscana e la Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, dopo essere rimasta per svariati anni al Museo Medievale e Moderno di Arezzo), l’iconica Madonna con Bambino di Jacopo della Quercia e la commovente, dolcissima Vergine attribuita a Benedetto Buglioni che accarezza con le mani e con lo sguardo il Bambino. Si va dunque dagli albori del Rinascimento dei primi due autori, tra loro contemporanei ma distanti per gusto e formazione, all’arte di un Rinascimento più tardo e maturo canonizzato nell’eleganza dello stile delle Robbiane adottato da Buglioni.
Nella chiesa di Sant’Agostino e in Palazzo Pretorio si sviluppa infine un itinerario tra contemporaneità e ricerca delle origini con le sculture di Ilario Fioravanti (Cesena, 1922 – Savignano sul Rubicone, 2012): grandi terrecotte che trasmettono l’arcaica potenza espressiva e spirituale della femminilità modellata nelle sue forme più basiche e primitive.
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