All’evento previsto il 21 ottobre partecipa anche l’Ordine delle Professioni Infermieristiche Interprovinciale Firenze-Pistoia
Il 21 ottobre a Pistoia l’Auditorium Tiziano Terzani della Biblioteca San Giorgio (in via Sandro Pertini 340) ospita la presentazione del libro “Sognare aiuta a guarire. Sogni, favole, realtà i multiformi volti dell’umano” di Luciano Gamba. L’evento (previsto dalle 9 alle 13.30) è un’occasione per fare un’analisi sull’impatto che la pandemia ha avuto sulle professioni sanitarie ma anche per formarsi, perché l’appuntamento gratuito dà diritto a 4 crediti Ecm riconosciuti dall’Ordine delle Professioni Infermieristiche Interprovinciale Firenze-Pistoia ed è riservato (su iscrizione) a 40 infermieri e infermieri pediatrici (per altre info: https://opifipt.com/catalogo-formativo-opi-firenze-pistoia-dettaglio/?jfIdCourse=226920).
Apre e coordina il lavoro della mattinata Anna Maria Celesti, presidente SdS Pistoiese introducendo il libro e dialogando prima con gli autori, poi con gli ospiti. A seguire “I cavalieri del Covid: personaggi che raccontano la loro esperienza professionale durante la pandemia. Cosa ha significato, cosa significherà?”. Ospiti Sandra Palandri amministratore unico Far.Com, al tempo Presidente Federfarma Pistoia, Alice Grieco e Natascia Luzzi infermiere ospedaliera e del territorio, Leandro Barontini e Paola David medici ospedaliero e del territorio, Riccardo Fantacci coordinatore dei servizi alla Misericordia di Pistoia.
Il libro racconta la toccante esperienza di un uomo che si è letteralmente trovato a re-imparare tutto, come un bambino. Oltre a essere il diario dell’ex paziente Covid Luciano Gamba, raccoglie l’esperienza del medico di pronto soccorso Andrea Bellone e offre punti di vista diversi, con i contributi di Augusto Iossa Fasano psichiatra e psicanalista, e Alessandra Chirimischi giornalista di ambito socio-sanitario.
«A inizio anno mi è arrivato il diario di un paziente Covid molto grave, Luciano Gamba, autore del libro – racconta Alessandra Chirimischi -. Dopo cinque settimane di terapia intensiva ha iniziato la sua riabilitazione fisica e intellettiva, che includeva rimettere in ordine i ricordi e scriverli a scopo terapeutico. Il suo psicoterapeuta ha poi proposto di editarlo e io ne ho curato l’introduzione e una riflessione finale sull’analisi della comunicazione come supporto di crescita post traumatica. Perché è difficile doverci confrontare con la morte senza una mancanza di ritualità a cui invece siamo sempre stati abituati».
La relazione e la comunicazione sono fondamentali in tutti i processi di cura, specialmente quelli del fine vita o delle patologie gravemente invalidanti. Ecco perché è importante elaborare delle riflessioni su cosa ha lasciato la pandemia ai sanitari e ai pazienti. Ne sono convinte anche le due infermiere Alice Grieco e Natascia Luzzi che nell’occasione porteranno le testimonianze sulla loro esperienza diretta.
«Mi sono concentrata sulle cicatrici invisibili che ha lasciato la pandemia – dice l’infermiera Alice Grieco -. La prima volta che mi sono vestita con il camice non sapevo a cosa sarei andata incontro e cosa avrei visto. Ripercorrendo ciò che è stata questa esperienza, penso abbia lasciato comunque qualcosa di positivo: la consapevolezza, ora diffusa, che nel nostro lavoro gioca un ruolo importante l’aspetto empatico con il paziente. Durante il Covid i pazienti non vedevano il nostro volto e abbiamo quindi dato importanza alla comunicazione non verbale, come per esempio al tono di voce da usare». «In questa occasione parlerò di come il territorio sia cambiato dopo la pandemia – spiega l’infermiera di famiglia e di comunità Natascia Luzzi – di come il Covid ci abbia stravolti e quali cambiamenti abbia accelerato. In quel periodo l’ospedale si è concentrato sui casi gravi e quindi a domicilio è stata lasciata e delegata un’assistenza maggiore rispetto a quanto si faceva prima. Questo ha permesso di capire l’importanza degli infermieri sul territorio. Nella nostra professione è importante la qualità del tempo passato con il malato perché diventa parte della terapia stessa. Anche la possibilità di comunicare con i pazienti tramite i cellulari aziendali ci ha consentito di essere loro vicini, anche solo per rispondere alle domande che avevano. Alla luce di quanto accaduto si potrebbe pensare di implementare la tecnologia fornita agli infermieri di famiglia e comunità, guardando a nuove tecnologie da fornire per lavoro, in modo da facilitare la prossimità e l’equità dell’assistenza ai pazienti».
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