Giuntini: “Bene codice degli appalti, ma restano alcuni aspetti su cui fare chiarezza”
Un salario giusto, non un salario minimo. Parte da qui Lorenzo Giuntini, presidente Confcooperative Toscana Nord intervenendo nel dibattito sul codice degli appalti.
“Del nuovo codice degli appalti apprezziamo il collegamento tra gare pubbliche e contratti di lavoro da applicare – fa sapere Giuntini – perché come Confcooperative Toscana Nord crediamo fortemente nella necessità che nel Paese si introduca un ‘salario giusto’ non un ‘salario minimo’. Gli appalti devono tutelare il lavoro giusto archiviando la tragica stagione della corsa al ribasso vissuta sulla pelle dei lavoratori”.
In Italia gli acquisti di beni e servizi da parte della Pubblica amministrazione valgono 290 miliardi, oltre il 15% del Pil (fonte Anac). In Toscana si stima che la leva pubblica valga circa 5 miliardi di euro l’anno.
“In Italia e in Toscana le gare pubbliche della Pa rappresentano una potente leva di sviluppo economico e sociale – aggiunge Giuntini – ed è importante introdurvi elementi di garanzia sul fronte dei contratti collettivi di lavoro. Per questo riteniamo che il collegamento tra appalto e salario renda ancora più evidente la necessità di adeguare le tariffe. La non comprimibilità del costo del lavoro deve essere un tassello da tutti condiviso nello sviluppo e nel potenziamento della leva pubblica a sostegno dell’economia nazionale ma anche territoriale. E’ necessario che la Pa inizi a considerare il costo del lavoro non più una variabile dell’offerta ma piuttosto un elemento strutturale di buona impresa e di capacità di investimento”.
Per Giuntini, tuttavia, “resta da fare un lavoro sul territorio per una corretta attuazione delle disposizioni, anche attuando alcune parti del codice che vedono le imprese chiamate a lavorare in coprogettazione con le stazioni appaltanti o con l’ente di riferimento”.
Sul tema, infine, della cooperazione come forma di impresa, il presidente di Confcooperative Toscana Nord chiede il “riconoscimento della specificità cooperativistica come impresa fatta di capitale umano e di lavoro, due componenti assolutamente imprescindibili senza le quali le cooperative possono diventare uno strumento in mano a pericolosi speculatori. A volte si sente parlare di ‘cattiva cooperazione’, ma è un concetto sbagliato alla radice perché quella fatta dagli speculatori non ha niente a che vedere con la cooperazione, quindi la ‘cattiva cooperazione’ non esiste perché non è cooperazione”.
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