Passa da 46 a 43 anni per la donna il limite di età per la fecondazione assistita omologa ed eterologa maschile
Cambiamenti in vista in Toscana su alcuni requisiti per l’accesso alla PMA (procreazione medicalmente assistita) a carico del SSR. In particolare, sposta da 46 a 43 anni per la donna il limite di età per la fecondazione assistita omologa ed eterologa maschile, lasciando invece invariato a 46 anni il limite per la fecondazione eterologa femminile. Lo fa con una delibera, presentata in giunta dall’assessore al diritto alla salute Stefania Saccardi. La delibera è stata approvata in una delle ultime sedute e modifica il Nomenclatore regionale. Tra le Regioni, la Toscana è l’unica ad aver apportato questa modifica.
Cosa significa? E perché questa scelta della Toscana?
La risposta arriva dai professionisti del Comitato strategico regionale per la rete sulla prevenzione e cura dell’infertilità. Proprio loro hanno riportato che le possibilità di successo della PMA omologa delle donne di oltre 43 anni sono estremamente rare. E non mancano di sottolineare le conseguenze negative, sul piano sia psicologico che fisico. E tutto ciò a fronte di un’aspettativa non soddisfatta e della necessità di sottoporsi a trattamenti farmacologici impegnativi.
In sintesi, usare i propri ovuli dopo i 43 anni ha probabilità molto scarse che la PMA vada a buon fine. Quindi, sulla base di questo autorevole parere, la Toscana ha preferito porre il limite dei 43 anni. Mentre per la fecondazione eterologa femminile viene mantenuto il limite di 46 anni.
Per i residenti il tempo di attesa massimo è di 90 giorni
Viene inoltre definito a livello regionale un tempo di attesa massimo di 90 giorni per i residenti (inteso come il tempo prospettato all’utente al momento della prenotazione) per effettuare la prima visita per la procreazione medicalmente assistita (codice 1025).
Nel caso in cui da parte del Centro di PMA al quale si è rivolto l’utente non sia possibile assicurare la visita entro questo tempo massimo, l’Azienda dovrà attivare i “percorsi di tutela”, in particolare con la ricerca presso altre strutture aziendali o private convenzionate. Nel caso in cui non sia possibile neppure in questo modo, attraverso il numero verde regionale che rientra nel Piano di governo regionale delle liste di attesa.
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