Sinergia tra Anbi Toscana, Arpat e Regione per mettere a sistema le conoscenze
Attivare una collaborazione organica tra enti, per ampliare la conoscenza sulle specie vegetali aliene che infestano i corsi d’acqua della Toscana e definire delle linee guida regionali sulla base delle esperienze di Regione Toscana, Arpat e Consorzi di Bonifica riuniti in Anbi Toscana. È l’idea lanciata dai Consorzi di Bonifica della Toscana in un incontro che si è tenuto con Regione Toscana e Arpat e che ha visto i rappresentanti dei vari enti confrontarsi sul problema delle piante aliene, in particolare il Poligono del Giappone, l’ailanto e il Myriophyllum acquaticum. Alcune delle specie che i Consorzi hanno imparato a identificare sui corsi d’acqua toscani durante le attività di manutenzione, maturando diverse esperienze. Da qui è scaturita la necessità di attivare un tavolo per mettere a sintesi le conoscenze.
«Questo incontro arriva a seguito degli stuti condotti dal Consorzio di Bonifica 1 Toscana Nord sul Myriophyllum acquaticum, dal Consorzio di Bonifica 3 Medio Valdarno sul Poligono del Giappone e dal Consorzio di Bonifica 6 Toscana Sud sull’Arundo donax, a cui si aggiungono le recenti segnalazioni di ritrovamenti da parte del Consorzio di Bonifica 2 Alto Valdarno – ha spiegato Marco Bottino presidente di Anbi Toscana -. L’obbiettivo è dotarsi di linee guida su queste specie invasive nocive, attivando un tavolo permanente che coinvolga la Regione Toscane e Arpat in modo da condividere e mettere a sistema le conoscenze sulle specie aliene, dando vita protocolli da diffondere tra chi lavora sul territorio, Consorzi in testa. Un tavolo tecnico allargato dove segnalare specie, individuarle, lavorarci insieme e fornire risposte organiche rispetto a un’emergenza che riguarda tutta la Toscana».
«Da anni portiamo avanti una battaglia contro il Myriophyllum Acquaticum, probabilmente diffuso da un acquario casalingo abbandonato – ha spiegato Nicola Conti dell’ufficio ambiente del Consorzio di Bonifica 1 Toscana Nord -. Ora la situazione è drammatica sia dal punto di vista idraulico che ecosistemico ma sta diventando anche un problema economico, a causa dei costi che dobbiamo affrontare per liberare i corsi d’acqua da questa pianta. Servono un supporto normativo, linee guida generali per tutti, ma anche sostegno economico: sarebbe necessario che la Regione mettesse in campo fondi destinati al contrasto delle specie aliene».
Nei corsi d’acqua del comprensorio gestito dal Consorzio di bonifica 1 Toscana Nord è infatti segnalata la presenza del “millefoglio americano” (nome scientifico, Myriophyllum aquaticum), già inserito dalla Commissione Europea nell’elenco delle specie esotiche e invasive di rilevanza comunitaria. Una pianta aliena, che rappresenta un significativo ostacolo al regolare deflusso delle acque e una minaccia alla biodiversità degli ecosistemi fluviali. La forte espansione della pianta, favorita da un ideale clima mite e dall’assenza di competitori naturali, comporta una serie di problematiche sia di tipo idrologico-idraulico (ostacolo al deflusso delle acque) che ambientale (impatti negativi sulla biodiversità) e sanitario (creare un ambiente idoneo a nuovi veicoli per morbilità finora assenti).
Per tale motivo è necessaria la rimozione dagli alvei, almeno due volte all’anno e particolari cautele devono essere adottate per la pulizia delle attrezzature utilizzate, per evitare che frammenti della pianta possano essere trasportati in altri luoghi, favorendole la diffusione. Il Consorzio ha avviato una serie di studi con le Università di Firenze e Pisa per individuare, in assenza di letteratura in merito, le tecniche più efficaci per il contenimento del fenomeno.
«Da marzo 2021 abbiamo avviato un progetto sul torrente Ampio per eradicare la Arundo donax, ovvero la canna comune, effettuando quattro tipi diversi di manutenzione – spiega Fabio Bellacchi, presidente del Consorzio di Bonifica 6 Toscana Sud -. Si tratta di un progetto sperimentale con le Università di Siena, Pisa e Firenze che punta a liberare i corsi d’acqua da questa pianta infestante. La pianta, quando si sviluppa sugli argini, non solo ostacola il deflusso dell’acqua ma è un tipo di vegetazione che crea l’ambiente ideale per l’insediamento di mammiferi semifossori, quelli che scavano le proprie tane sugli argini. A fine esperimento, si auspica di avere una misura dell’efficacia dei singoli trattamenti nell’eradicazione delle popolazioni di Arundo donax e del contemporaneo effetto dei trattamenti sulle specie vegetali coesistenti».
Sul fronte del Poligono del Giappone, la Toscana è protagonista nella richiesta di un progetto comunitario Life per il contrasto all’espansione della pianta aliena insediatasi ormai anche alle sorgenti del fiume Arno: assieme a partner austriaci e greci, nonché alla Provincia Autonoma di Trento, ne sono promotori Consorzio di bonifica 3 Medio Valdarno, Università Pisa e C.N.R. (Consiglio Nazionale Ricerche) Firenze.
Il poligono del Giappone è una specie originaria dell’Asia Orientale, appartenente alla famiglia delle Poligonacee. Fu introdotta in Europa a scopo ornamentale a metà del 1800, diffondendosi rapidamente anche in Italia. La sua espansione può causare maggiore erosione del suolo fino a compromettere la stabilità degli argini fluviali mentre, negli spazi urbanizzati, i rizomi possono spaccare muri e pavimentazioni.
Dal 2018 il Consorzio di bonifica 3 Medio Valdarno sperimenta metodi di contenimento, partendo dal Pistoiese. Dal 2019 è stato avviato uno studio col Cnr di Firenze, a partire da precedenti esperienze in Svizzera e altri Paesi europei. A questo lavoro l’ente consortile fiorentino ha aggiunto una ricerca con l’Università di Pisa su un’altra grande pianta infestante, l’ailanto, arrivando ad isolare un fungo (Verticillium dahliae) che rende possibile una lotta biologica contro la sua rapida espansione.
L’allarme per la proliferazione del Poligono del Giappone è stato recentemente lanciato anche dal Consorzio di Bonifica 2 Alto Valdarno che ne ha riscontrato la presenza su circa 25 km di corsi d’acqua nel Valdarno aretino e anche in Casentino, nei pressi del fiume Arno. Qui la specie aliena ormai ha conquistato 25 km di sponde, rese più instabili dalla sua presenza, e condiziona fortemente l’esecuzione degli interventi di manutenzione ordinaria lungo i corsi d’acqua.
«Ben venga il coordinamento tra gli enti che si occupano di tutela dell’ambiente e dei corsi d’acqua. – ha detto durante l’incontro Leonardi Lapi di Arpat -. Di recente abbiamo segnalato la presenza della Ludwigia peploides sul Bisenzio, una pianta riguardo cui, con interventi mirati, possiamo attenderci risultati positivi. Un primo step di partenza per il tavolo potrebbe essere proprio un lavoro di censimento più accurato».
«Il radicarsi di piante aliene, come di animali ed insetti quali gamberoni della Louisiana e zanzare-tigre, sono favorite dalle mutate condizioni climatiche, creando nuovi rischi per l’equilibrio territoriale e la sua biodiversità, fino a minacciare, in taluni casi, la stessa salute umana» commenta Massimo Gargano, Direttore Generale dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).
«È una nuova frontiera, sulla quale si trovano ad operare i Consorzi di bonifica ed Irrigazione, supplendo con la ricerca universitaria, nonché la formazione del personale, a finora insufficienti conoscenze e dimostrandosi, ancora una volta, innovativi laboratori a cielo aperto. Certo è – conclude il Presidente di ANBI, Francesco Vincenzi – che non possono essere lasciati soli in questa battaglia; auspichiamo che gli allarmi lanciati da territori finora circoscritti vengano raccolti sollecitamente dalle Autorità competenti».
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