A parità di mansioni, gli stipendi sono inferiori a quelli degli uomini
In Toscana lavorano solo il 67% delle donne. Gli uomini invece sono all’80%. I dati aggiornati al terzo trimestre 2022 parlano di appena 754 mila occupate. Sono i numeri diffusi studio Ires-Cgil.
Una panoramica quella dell’occupazione femminile che non è certo tra le peggiori in Italia, ma che desta comunque qualche preoccupazione.
Lo dicono sempre i dati. Quasi un terzo delle lavoratrici dipendenti ha un contratto a tempo parziale, contro l’8,6% dei lavoratori. Si tratta di un dato in linea con quello italiano ma superiore di oltre 2 punti percentuali rispetto alla media europea.
Dal 2014 in poi il tasso di occupazione femminile è cresciuto in maniera uniforme sia in Italia che in Toscana (dato 2021: 59,2%). Conseguentemente, si è leggermente ridotto il gap di genere con l’occupazione maschile. Il tasso permane comunque in entrambi i casi inferiore alla media Ue.
Nonostante l’incremento dell’occupazione, nello stesso periodo la disoccupazione femminile in Toscana, dopo un trend di stabilizzazione, ha raggiunto a fine 2021 un livello pari al 19%. In sostanza, un numero crescente di donne è disponibile a lavorare, ma il mercato del lavoro regionale è in grado di assorbire solo una parte marginale dell’offerta.
Con la pandemia la situazione è nettamente peggiorata
Nelle fasi più difficili del biennio pandemico l’occupazione femminile è diminuita fino ad un massimo di 7 punti percentuali (I trimestre 2021), contro il massimo di -4% raggiunto dalla componente maschile. La ripresa post-pandemica dell’occupazione è caratterizzata da alti tassi di precarietà, che riguardano in modo preponderante le donne lavoratrici.
A parità di mansioni, le donne percepiscono stipendi significativamente inferiori a quelli degli uomini. E anche qui in soccorso arrivano le percentuali che parlano di un 2% in meno se si considera il salario mediano. Il salario orario lordo delle donne è inferiore rispettivamente del 6,3% e dell’8,5%.
La ripresa post-pandemica dell’occupazione
Il post covid è stato caratterizzato da alti tassi di precarietà, che riguardano in modo preponderante le donne lavoratrici. Si tratta complessivamente di un’occupazione precaria e discontinua, in cui l’ampia quota di contratti a termine riguarda sia gli uomini che le donne, gli uomini per il 40,5 % e le donne per il 38,1%, ma nello specifico dei nuovi posti di lavoro assegnati a donne emerge un ruolo rilevante del lavoro stagionale (che incide per il 17,3%), della somministrazione (al 12,2%) e del lavoro intermittente (12,9%), tutte forme che segnano una distanza con i contratti maschili.
Insomma, la fotografia di Ires racconta ancora la figura dell’uomo che il ” ‘bread winner’ – come ha detto Gianfranco Francese, presidente Ires Toscana – che rappresenta la fonte di reddito principale dei nuclei familiari, relegando la donna ad un ruolo spesso ancillare nel mondo del lavoro che ne mina sia in termini di partecipazione che di salario le possibilità di una reale autonomia economica e di indipendenza personale”.
Lascia un commento