Migliaia di utenti in tutta Italia caduti nella trappola del “codice a 6 cifre”
Ne avevamo già parlato il mese scorso e torniamo a farlo perché migliaia di utenti in tutta Italia sono caduti nella trappola del “codice a 6 cifre”, con conseguente furto di dati personali, account e in casi peggiori anche di codici bancari. A parlare del raggiro messo in atto sul noto servizio di messaggistica WhatsApp e che sta interessando migliaia di utenti in tutto il paese è Consumerismo No profit. L’associazione dei consumatori specializzata in tecnologia segnala come la cyber-truffa in questione stia registrando un numero crescente di vittime in una sorta di Catena di Sant’Antonio che si ingrossa di giorno in giorno.
Come funziona la truffa su WhatsApp
«La truffa del “codice a 6 cifre” corre su Whatsapp. Sfrutta il codice univoco (costituito appunto da sei cifre) necessario per il trasferimento rapido dell’app di messaggistica quando cambiamo lo smartphone o il numero di telefono – spiega l’Avv. Piera Di Stefano, Responsabile Dipartimento Diritto Digitale di CONSUMERISMO –. Gli utenti ricevono un messaggio sul proprio telefonino da parte di un amico presente tra i contatti in rubrica. Contatto a sua volta già caduto nel tranello. Nel messaggio si afferma di aver inviato per errore un codice tramite sms, pregando di rinviare i 6 numeri del codice stesso. Chi asseconda la richiesta apre il link ricevuto via sms. Però, così facendo, apre la porta ai cyber-criminali. Così entrano nel profilo WhatsApp di chi cade nell’inganno. A questo punto i truffatori possono accedere a dati personali e alla rubrica. Da quest’ultima pescano altre potenziali vittime con lo stesso stratagemma del finto messaggio di aiuto – aggiunge –. Una truffa pericolosa. Può causare non solo il furto di identità, ma anche lo svuotamento di conti correnti e spese non autorizzate tramite carte e bancomat».
Come evitare di cadere in errore?
Proprio per aiutare gli utenti a non incappare nella truffa del codice a 6 cifre, Consumerismo No Profit ha diffuso una guida pratica con i consigli da seguire per tutelare i propri dati personali. Intanto, non fornire mai i propri dati personali per telefono o via mail, anche se chi ci contatta si qualifica come amico, conoscente, o operatore del nostro istituto bancario, e anche se ci viene richiesto di cambiare la nostra password perché si è verificato un tentativo di accesso anomalo al nostro conto online. Non cliccare mai su link presenti in sms e mail che sembrano provenire da persone o enti (banche, società) a noi noti. Quei link possono contenere software malevoli in grado di impossessarsi di tutti i nostri dati, documenti, informazioni, presenti sui nostri device, o indirizzarci su siti-clone che, una volta raccolti i nostri dati personali e finanziari, spariscono nel nulla.
Altri consigli per non essere truffati
Proteggere gli account online con codice verifica in due passaggi o autenticazione a due fattori. In base a tale meccanismo, dopo aver inserito la password viene inviato via sms un codice sul proprio telefonino. L’account sarà accessibile solo dopo averlo inserito. Occorre attivare, altresì gli alert, cioè le notifiche via sms o via mail di accessi anomali sui propri account, da parte di dispositivi sconosciuti. Questi codici sono strettamente personali e non vanno mai condivisi. Quando ci si deve disfare di documentazione cartacea che contiene dati e informazioni personali, distruggerla evitando che si possa leggere il contenuto. Utilizzare i filtri privacy sui profili social personali. Non pubblicare i propri dati, inclusi numeri cellulari e documenti identificativi. Non inviare documentazione che contenga dati personali, bancari, di salute e simili, tramite piattaforme di messaggistica istantanea. E ancora, evitare di archiviare su dispositivo portatile i propri documenti identificativi, sanitari, finanziari o bancari. Se necessario, archiviarli solo su PC “proteggendoli” con un codice di accesso. In caso di smarrimento dei propri documenti identificativi o di furto d’identità, recarsi immediatamente presso le forze dell’ordine. Questo anche per impedire che ci siano ulteriori potenziali vittime della catena, nel primo caso per formalizzare la denuncia e nel secondo caso per sporgere querela.
Lascia un commento